Botanica e mixology: un connubio senza fine

Oggi su In the Glass parliamo di piante aromatiche e non, che trovano spazio nel mondo del beverage. In distillati e liquori è frequente, se non addirittura doveroso, utilizzare foglie, frutti e radici di piante di ogni genere per conferire sapore al prodotto o semplicemente per far avvenire i processi di distillazione e fermentazione: senza andare troppo per le lunghe (sarebbe impossibile esplicare tutti quanti gli utilizzi della botanica nel mondo della mixologia) vedremo adesso una piccola panoramica degli utilizzi più comuni.

  • Distillazione
Per distillato (o acquavite) si intende un prodotto alcolico ottenuto dalla distillazione di un liquido zuccherino fermentato, quasi sempre di origine vegetale.

Tutti i distillati bianchi che siamo soliti utilizzare come basi provengono dalla distillazione di cereali: la Vodka nasce come distillato di patate sebbene oggigiorno sia più frequente l'utilizzo di cereali (famiglia Poaceae); il Rum (ma anche la Cachaça) proviene dalla distillazione del succo o della melassa ottenuta dalla canna da zucchero (Saccharum officinarum); il Gin è un distillato del fermentato ottenuto da frumento (genere Triticum) e orzo (Hordeum vulgare) a cui viene aggiunta un'opportuna miscela di botaniche che va a costituire la ricetta segreta di ogni distilleria: tra le botanicals usate non possono mancare le bacche di ginepro (genere Juniperus). Distillati di cereali sono anche i Whisky (e i Whiskey). Altre piante che possono essere distillate sono l'agave blu (Agave tequilana, in figura) da cui si ottengono Tequila e Mezcal; le prugne (Prunus domestica) da cui si ottiene lo Slivovitz e le ciliegie (Prunus avium e P. cerasus) che danno vita al Kirsch. Possono andare incontro a processi di distillazione anche il vino (per ottenere Cognac, Pisco o Brandy) o le vinacce (da cui proviene la Grappa). Altri distillati famosi sono i vari Arak, Arrak e Raki ottenuti da cereali e frutti quali datteri (Phoenix dactylifera); l'Ouzo, ottenuto dall'uva (Vitis vinifera); il Soju, ottenuto da cereali, tapioca o patate e l'Assenzio, ottenuto dall'assenzio maggiore (Artemisia absinthium).
A seconda delle tipologie sopra citate, i vari distillati possono, ovviamente, andare poi incontro a processi di invecchiamento, al fine di ottenere miscele finali molto raffinate e ricercate.

  • Fermentazione
Con processi di fermentazione, quindi senza procedere a successive distillazioni, sono ottenuti birra e vino.

Il processo prevede l'utilizzo dei lieviti della specie Saccharomyces cerevisiae, che digeriscono gli zuccheri dando come prodotto metabolico anidride carbonica e, appunto, etanolo (vi risparmio le formule chimiche e tutta la trattazione del fenomeno).
Inoltre per la birra è spesso usato il lievito Saccharomyces carlsbergensis (= S. pastorianus), che trova impiego nelle basse fermentazioni tipiche delle birre lager. Sempre parlando di birra è poi doveroso fare riferimento al luppolo (Humulus lupulus, nell'immagine), immancabile ai fini dell'aroma e dei sentori amari.

  • Liquori
Un discorso a parte va fatto per i liquori, dal momento che la loro gradazione alcolica non proviene da processi chimici di distillazione e fermentazione, bensì dall'utilizzo di alcol etilico. Ad una soluzione di etanolo, acqua e zucchero, vengono infatti aggiunti aromi di origine vegetale (molto spesso in infusione).
Le specie vegetali utilizzate in liquoreria sono praticamente infinite ed ogni liquore è un'opportuna miscela di più erbe. Tra le più famose citiamo l'arancio (Citrus sinensis), la corteccia di china (genere Cinchona), il limone (Citrus limon), la cannella (Cinnamomum verum), il mandorlo (Prunus dulcis), la genziana maggiore (Gentiana lutea) e il rabarbaro (genere Rheum), questi ultimi due immancabili nel Fernet. Ultimi ma non meno importanti tra i più comuni: l'anice stellato (Illicium verum, in figura), protagonista indiscusso in Sambuca, Anisetta, Mistrà, Sassolino e affini; la marasca (frutto del Prunus mahaleb) presente in due varietà, amarene e visciole, che danno vita a Ginjinha e Maraschino e Myrtus communis, il celeberrimo mirto, le cui bacche sono l'ingrediente principale dell'omonimo liquore.

Un discorso a sé va fatto per il Sakè, non ascrivibile né alla categoria distillati né alla categoria fermentati, né tantomeno alla categoria liquori. Ciò si deve al fatto che il suo processo di fermentazione coinvolge oltre a riso (Oryza sativa) e acqua, anche spore del fungo Aspergillus oryzae.

Anche se mi sono permesso di dare troppi termini scientifici per indicare la specie botanica in esame, mi auguro che questo viaggio nelle materie prime di origine vegetale che originano distillati, fermentati e liquori sia stato gradito. Buon Ferragosto a tutti i lettori di In the Glass (:

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