Dirty Martini: per i palati forti

Il Dirty Martini è un cocktail della famiglia dei Martini, a base - ovviamente - di gin e vermouth secco, diretto derivato del ben più famoso Dry Martini, dal quale differisce per un unico ingrediente: la salamoia di olive.
Potrà sembrare strano sentir parlare di un tale ingrediente all'interno della preparazione di un cocktail ed altrettanto strano è associare la parola "dirty" al Martini, caposaldo del bere miscelato che fa della purezza cristallina la sua raison d'être; tuttavia il Dirty Martini è davvero un drink raffinato e con degli interessanti estimatori.

Si narra infatti che l'idea di "sporcare" il Martini fu addirittura di Franklin Delano Roosevelt, il 32esimo Presidente degli Stati Uniti d'America che abolì il Proibizionismo nel 1933. Oltre ad essere stato il primo Presidente a bere un Martini nella Casa Bianca, Roosevelt ebbe anche il merito di offrire un Dirty Martini a Stalin nel 1945 durante la Conferenza di Jalta che si tenne nell'omonima città della Crimea a seguito della Seconda Guerra Mondiale.
Successivamente il Dirty Martini cadde nel dimenticatoio finché un altro Presidente, Bill Clinton, non ne ordinò uno al bar delle Torri Gemelle a New York.

Passiamo alle tasting notes, anche stavolta, quanto più indicative possibile per via della grande varietà che le componenti del cocktail possono assumere.
Il drink ha un aspetto torbido e un color verde oliva poco luminoso.
Al naso è floreale e speziato ma, a differenza del Dry, il Dirty presenta delle forti e a tratti invadenti note derivanti dalla salamoia di olive.
Al palato è corposo e aromatico, secco, con tutto un bouquet di note mediterranee che si vanno ad aggiungere agli aromi di gin e vermouth. Ritroviamo infatti sentori di finocchietto selvatico, aglio, peperoncino, limone... Sapori che conferiscono al drink un interessante e coinvolgente profumo di salsedine.

Nell'equilibrio del cocktail, a giocare un ruolo importante sono proprio le olive. C'è chi cura in casa le proprie, dando un tocco personale alla dose degli aromi della salamoia: decisamente la miglior scelta per un Dirty Martini di qualità, dove - in ogni caso - è opportuno dosare saggiamente la salamoia, a costo di centellinarla e assaggiare di volta in volta ogni (io mi sono fermato a due cucchiaini).
Parlando di guarnizione, invece, gli amanti dei gusti ancora più forti matureranno un debole per quelle che in inglese prendono il nome di blue cheese stuffed olives, le olive verdi condite con del formaggio erborinato: decisamente gradevoli da abbinare al cocktail, discutibili da lasciare dentro il Martini...
A tal proposito, ho avuto modo di degustare il mio Dirty Martini con dei crostini al Roquefort, celebre erborinato francese prodotto a partire dal latte di pecora crudo: un abbinamento davvero raffinato e ricco di gusto, sebbene occorra precisare che non sia esattamente per tutti i palati (un po' come il cocktail stesso, diciamolo).
In conclusione, non avrà la stessa aura del Dry, ma il Dirty è un mondo unico e tutto da scoprire, capace di dare un tocco in più ad un buon aperitivo e ad un pasto di classe.

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